giovedì 3 aprile 2014

Anna Ragde, "La casa delle bugie" ed. 2013

                                                                 il libro ritrovato
          vento del Nord


Anne B. Ragde, “La casa delle bugie”
Ed. Neri Pozza, trad. Cristina Falcinella, pagg. 316, Euro 17,00
Titolo originale: Berlinerpoplene

    “Cosa sia successo negli ultimi vent’anni non lo so, però…Mia madre voleva gestire le cose da sola. Indipendentemente dall’impressione che può averle fatto la tua, lei avrebbe detto comunque di no. Non è mai stata tipo da scendere a patti. Voleva comandare su tutto. A parte quando nonno Tallak era vivo, naturalmente. Lo ascoltava sempre. Tutti lo facevano. Morì quando io avevo diciassette anni, e fu proprio come..come se…”

         Tutto si può dire dei tre fratelli Neshov tranne che non svolgano con passione il lavoro che ognuno di loro si è scelto. E almeno due di loro svolgono delle mansioni che i più non troverebbero gradevoli: Tor, il maggiore, alleva maiali e il secondogenito Margido è il titolare di un’impresa di pompe funebri. Erlend, molto più giovane, è, invece, vetrinista. Ma di lui i fratelli non vogliono sapere niente, è solo grazie ad una cartolina spedita in un momento di ebbrezza che Margido sa che Erlend vive a Copenhagen.
    E’ chiaro che ci sia qualcosa di sbagliato in questa famiglia nella cui vecchia casa- una fattoria nelle vicinanze di Trondheim, in Norvegia- ora abitano solo gli anziani genitori e Tor. Qualcosa che afferriamo vagamente, all’inizio, e che comprendiamo sempre meglio proseguendo la lettura de “La casa delle bugie”, primo romanzo di una trilogia di Anne Ragde. Perché i tre fratelli non si vedono da più di vent’anni, perché il cinquantaciquenne Tor tratta la madre con molto affetto ed invece evita il padre nei cui confronti manifesta disprezzo. E non è strano, poi, che nessuno dei tre si sia fatto una famiglia?
     Nei primi tre capitoli la scrittrice norvegese orchestra con maestria l’ambientazione introducendo i tre fratelli, ad uno ad uno, focalizzando l’attenzione su ognuno di loro in modo che balzi agli occhi la dedizione e la competenza con cui lavorano- Margido che si deve occupare del funerale di un diciassettenne che si è suicidato (suo è anche il compito di sostenere la famiglia affranta, ed è bravissimo), Erlend che addobba la vetrina di Natale di una gioielleria come fosse un’opera d’arte (e scopriamo che è omosessuale, convive con un giornalista basso e grasso, colleziona miniature Swarowski), Tor che si occupa dei maiali con una cura e un affetto che sarebbero più adeguati per degli esseri umani. E non possiamo non notare anche quanto Tor e Margido siano soli, volutamente soli, quasi non osassero legarsi a nessuno, mentre l’unico felicemente accoppiato (e da dodici anni) è Erlend, la pecora nera della famiglia che è andato via di casa senza neppure salutare la madre Anna. Ecco: la matriarca ottantenne Anna ha un ictus e viene ricoverata in ospedale. Quando muore, dopo qualche giorno, Tor è l’unico distrutto dal dolore ma non è più l’unico figlio accanto a lei: per decenza sono arrivati anche Margido ed Erlend. E Torunn, la figlia illegittima di Tor di cui né gli zii né il nonno sapevano l’esistenza e che ha un’affinità singolare con quel padre che sente solo ogni tanto per telefono: fa la veterinaria, anche lei ha una propensione speciale per capire gli animali.    

    E’ solo con la morte della temibile Anna che la famiglia si ricompone, anche se potrebbe andare definitivamente in pezzi per tutti i segreti che vengono svelati. Insieme alle ragnatele e alla sporcizia che Erlend e Torunn, armati di guanti di gomma, ammoniaca e spazzolone, tolgono da finestre e mobili della fattoria che un tempo aveva un’aria di nobiltà contadina, insieme al vecchiume che danno alle fiamme in cortile, anche vecchi pregiudizi, moralismi gretti ed incomprensioni vengono spazzati via. Ma la parte più bella del romanzo non è il finale che sa di soap opera televisiva, piuttosto tutto quello che precede le rivelazioni che sono un poco scontate. Ognuno dei personaggi, così diversi l’uno dall’altro, ci intriga in quei capitoli dove la narrazione è sempre in terza persona pur dando l’impressione che sia invece il protagonista a parlare. E, tra i tre fratelli, quello che più suscita la nostra empatia è Tor, il figlio prediletto e quindi anche il più danneggiato dal rapporto con la madre.
      E’ un bell’inizio di una saga, il romanzo di Anne Ragde, con lo sfondo dei fiordi e della neve e con la leggera ironia del continuo paragone tra l’evoluta vicina Danimarca e la noiosa e puritana Norvegia. Uno di quei romanzi che ti fanno aspettare con curiosità di poterne leggere il seguito.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it

la scrittrice Anna Ragde    


    

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