domenica 28 giugno 2015

Anne Tyler, “La figlia perfetta” ed. 2007

                                         Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
             il libro ritrovato


Anne Tyler, “La figlia perfetta”
Ed. Guanda, trad. Laura Pignatti, pagg. 291, Euro 15,50


    L’atrio degli arrivi di un aeroporto americano: si svolge lì la scena d’apertura del nuovo romanzo di Anne Tyler, “La figlia perfetta”, e vale la pena che il lettore si soffermi un attimo, in mezzo alla folla, e si guardi intorno, proprio come l’occhio della cinepresa che una delle persone in attesa ha in mano e con cui sta riprendendo quei momenti memorabili. Se fosse in arrivo un cantante o una stella del cinema, non ci potrebbe essere un’atmosfera più gioiosa e, invece, apprendiamo presto che sono attese due bambine dalla Corea e i presenti sono i membri delle due famiglie di cui le bambine entreranno a far parte. Attenzione, però: il lettore-spettatore si renderà subito conto che il gruppo più chiassoso, quello più vistosamente rappresentativo, anche dal punto di vista numerico, è propriamente americano, mentre il secondo sparuto e ritroso gruppuscolo è chiaramente di altra origine etnica. E’ una differenza importante su cui verrà giocato tutto il romanzo, una sorta di pretesto per Anne Tyler per tracciare, con penna leggera, con sapiente ironia e umorismo, un ritratto di due società e di due culture a confronto. E per suggerire come l’apertura mentale, la conoscenza e la cultura possano abbattere le frontiere, contribuendo ad un incredibile arricchimento personale.
Gli americani, dunque, si preparano ad accogliere la piccola Jin-Ho con tutte le colorate risorse offerte da un mercato che conosce il gusto appariscente dei consumatori, ad iniziare dalle targhette che evidenziano il grado di parentela con la bimba- zio, zia, cugina, nonna, e genitori naturalmente. E il filmato che negli anni a venire verrà puntualmente rivisto nella festa che ricorderà la memorabile giornata. Tutta una grande messa in scena con le migliori intenzioni. E ciò non significa che la coppia iraniana degli Yazdan sia meno felice di loro.

    Questa esperienza particolare- avere adottato due bambine coreane arrivate nello stesso giorno- è il pretesto perché le due famiglie inizino a frequentarsi: per gli americani Donaldson, sempre preoccupati del politically correct, è anche un sostegno nel loro desiderio che la piccola Jin-Ho non dimentichi le sue origini; per gli Yazdan l’essere stati scelti come amici è gratificante, è un aiuto per un sempre migliore inserimento nella società americana. L’occhio di Anne Tyler è attento ad ogni dettaglio, ad ogni sfumatura di comportamento: mentre seguiamo, negli anni, la crescita delle bambine e il legame sempre più stretto tra le due coppie che coinvolge pure le due famiglie allargate, sono molte le occasioni di confronto, dalle teorie educative alla maniera di festeggiare, dalle ricette di cucina alla elaborazione del dolore della perdita, dal come affrontare la malattia alle difficoltà, da parte dei Donaldson, di una seconda adozione, di un’altra bimba non così “perfetta” come Jin-Ho.


Vicino a scenette esilaranti, come la Festa del Ciuccio pensata dai Donaldson per buttare via il ciuccio da cui la seconda bambina non vuole mai separarsi, ci sono episodi di vita più pensosi, c’è anche una storia d’amore tra due persone non più giovani e rimaste sole, c’è la sensazione di non appartenenza degli immigrati, il rimpianto sottile per il mondo e la lingua che ci si è lasciati alle spalle e la volontà di vivere nel presente, nella terra che si è scelta come dimora. Il tutto tracciato con delicatezza dalla scrittrice americana, e insieme con profondità. Una bella lettura.   

la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net

  

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