domenica 2 aprile 2017

Kent Haruf, “Crepuscolo” ed. 2016

                         Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
                                                  il libro dimenticato

Kent Haruf, “Crepuscolo”
Ed. NN, trad. Fabio Cremonesi, pagg. 312, Euro 18,00

    C’è un vantaggio anche nell’aver lasciato un libro sullo scaffale, in attesa del tempo di leggerlo. Quando ormai, con il romanzo pubblicato postumo “Le nostre anime di notte”, ho detto addio a Kent Haruf, posso godere ancora della sua scrittura e delle sue storie e aggirarmi per Holt, la cittadina da lui inventata, prendendo tra le mani “Crepuscolo”. Un titolo che in originale è ancora più bello, quell’Eventide che è il tempo della sera che si allunga nella luce che muore.
    Conosciamo già alcuni dei personaggi di “Crepuscolo”- i fratelli McPheron e Victoria, la ragazza a cui hanno dato ospitalità quando era incinta, l’insegnante Guthrie e i suoi due figli. Altri sono nuovi, come l’undicenne DJ che vive con il nonno, Joy Rae e il fratellino che abitano in una roulotte con due genitori che non sono capaci di fare i genitori e sono a carico dei servizi sociali, la bambina Dena la cui madre cade in depressione perché il marito l’ha lasciata. Ancora una volta le storie di Kent Haruf sono fatte di niente e di tutto, raccontano di una normalità che diventa straordinaria nel momento in cui- con la sua estrema semplicità- Haruf scava nei sentimenti, fa parlare i suoi personaggi con parole che dicono di più di quello che appare. E’ un mondo di sfumature, quello di Haruf, non è una realtà in bianco e nero anche se i McPheron sono sempre i due uomini generosi capaci di interpretare le esigenze di Victoria (partirà per l’università, certo, lei e la sua bambina lasceranno un vuoto enorme ma è giusto che sia così), i genitori di Joy Rae suscitano rabbia e sdegno per la loro incapacità di difendere i figli dalle violenze dello zio (il personaggio più negativo di tutti i libri di Haruf) e poi però la nostra compassione quando i servizi sociali danno i bambini in affido, e la madre di Dena, che dapprima condanniamo per l’incuria in cui lascia le figlie, si riabilita in seguito ai nostri occhi cercando di cambiare vita.
Il quadro dell’infanzia dipinto fa Kent Haruf non è un quadro idilliaco e felice. I genitori sono spesso assenti, o sono morti, come quelli di DJ, o sono rifiutati dai figli (come la madre di Victoria), o comunque non hanno la voglia o la capacità di fare i genitori. E i bambini crescono da soli- possono essere molto responsabili, come DJ che si occupa del nonno, o diventare delle vittime, come Joy Rae e il fratello, o prendere una brutta strada, come la primogenita della sciagurata coppia che vive in roulotte. Per fortuna ci sono però degli adulti che cercano di riparare a queste mancanze, come la bravissima assistente sociale o i McPheron.

    Anche in questo romanzo i fratelli McPheron occupano il posto più importante, se non nello spazio narrativo, nelle immagini che restano impresse nella nostra mente. Non voglio dire quello che succede- c’è però molto dolore seguito da molto affetto e dalla scoperta tardiva dell’amore. Avendo già letto “Le nostre anime di notte”, mi è parso che una parte della storia di questo libro precedente fosse un anticipo dell’altra, una consapevolezza che la vita può avere in serbo della dolcezza anche quando lo splendore del giorno è passato, quando cala il crepuscolo con le ombre della sera.
    Un altro libro bellissimo.




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