martedì 13 giugno 2017

Petros Markaris, “La lunga estate calda del commissario Charitos” ed. 2007

                                      Voci da mondi diversi. Penisola balcanica         
    cento sfumature di giallo
     il libro ritrovato

Petros Markaris, “La lunga estate calda del commissario Charitos”
Ed. Bompiani, trad. Andrea Di Gregorio, pagg. 375, Euro 17,50

Dei terroristi si sono impossessati di un traghetto per Creta, tra i passeggeri c’è la figlia del commissario Kostas Charitos con il fidanzato. Mentre tutta la Grecia segue con ansia la vicenda sugli schermi televisivi, Charitos deve occuparsi di una serie di omicidi ad Atene. Sembrano opera di un maniaco, le vittime appartengono tutte al mondo della pubblicità. Finché iniziano ad arrivare i messaggi dell’assassino e, parallelamente, le richieste dei terroristi. Un finale che prova che il passato non muore mai.


INTERVISTA A PETROS MARKARIS, autore de “La lunga estate calda del commissario Charitos”


    Deve essere la qualità della luce, o forse la brillantezza dei colori, o il profumo dell’aria del luogo in cui vivono- ci deve essere qualcosa che fa sì che i commissari dei romanzi di indagine poliziesca scritti da autori dell’area mediterranea siano così diversi dai loro colleghi scandinavi o dell’Europa centrale. La prima differenza che balza agli occhi è che, tranne l’eterno fidanzato Montalbano, sono tutti felicemente sposati e con figli, l’ateniese Kostas Charitos di Markaris, il triestino di adozione Proteo Laurenti di Veit Heinichen, il veneziano Guido Brunetti di Donna Leon. Mentre sono divorziati il Wallander di Mankell e il Van Veeteren di Nesser o il cupo ispettore Rebus di Ian Rankin. E poi, per quanto si tratti sempre di morti e di assassini, l’atmosfera è meno buia, meno sinistra, sempre in qualche modo alleviata dalla serenità dell’ambiente famigliare, addolcita dai pranzi cucinati dalle mogli, diversificata dalle preoccupazioni offerte dai figli.
   E tuttavia nel nuovo e atteso romanzo di Petros Markaris è proprio l’ansia divorante per la sorte della figlia Caterina, tenuta in ostaggio dai terroristi che si sono impadroniti del traghetto El Greco, che spacca in due l’ispettore Kostas Charitos, diviso tra il desiderio, che è una necessità quasi fisica, di essere là, al porto di Creta, a seguire impotente da lontano quello che accade a bordo della nave, e il dovere che gli impone di restare ad Atene dove agisce uno strano assassino che sembra sdoppiarsi: un corpo da body-building vestito di nero, che si muove su una Harley Davidson e uccide con una Luger del 1942, e una voce da vecchio con dentiera che usa parole desuete come “pederasta”, “gagà” e “deretano”, e che dice di essere l’assassino dell’ “azionista di riferimento”. Puntano sul ricatto i terroristi sul traghetto, un morto al giorno se non verranno ottemperate le loro richieste, e sono ricattatorie pure le lettere che riceve la testata di un giornale e che impongono la sospensione di ogni pubblicità.

    Come abbiamo già visto nei precedenti romanzi, Petros Markaris ha la capacità di stimolare il lettore proponendo dei retroscena insoliti per i crimini su cui indagare, in questo caso le guerre vecchie e recenti dell’area balcanica e l’ipnotizzante pubblicità, così invasiva e costante che abbiamo smesso di farci caso e che, però, è assolutamente indispensabile per far girare il mondo dei soldi. Ma è attraverso il personaggio di Kostas Charitos che le tematiche vengono filtrate, è in lui, l’uomo medio che ha fatto sacrifici per far studiare l’unica figlia, che guida una scassatissima Mirafiori, che ha scelto di entrare in polizia perché l’alternativa era zappare la terra, che il lettore riconosce se stesso e quelle che potrebbero essere le sue reazioni. Perché, dietro al sequestro della nave e agli ostaggi freddati, dietro ai due omosessuali e alla giornalista morti con un colpo in testa perché facevano pubblicità, c’è il problema della violenza contro cui Caterina, la figlia di Kostas, si scontra per la prima volta con una consapevolezza diversa mentre viene trattenuta come ostaggio perché figlia di un poliziotto: c’è differenza tra la violenza della polizia e quella dei terroristi, o degli assassini? Che sua figlia possa solo dubitare di lui e della sua integrità, è un pensiero che sconvolge Kostas, e lo porta a riandare al passato nero della giunta militare, per far sapere in qualche modo a Caterina che no, suo padre non ha mai usato violenza, anzi, che ha cercato di fare del suo meglio laddove il Bene non esisteva.

    Leggere un libro di Petros Markaris è sempre un piacere- si girano le pagine perché si è incuriositi dalla trama, ci si sorprende a ridere delle battute di Kostas, si sorride dei continui battibecchi con la moglie Adriana, ci si affaccia sulle acque blu del Pireo, si impreca con Kostas per il traffico congestionato di Atene. Aspettando il prossimo romanzo.
Stilos ha intervistato lo scrittore che è nato a Istanbul nel 1937, figlio di padre armeno e madre greca.

Lo spunto dei suoi romanzi è sempre sorprendente ed originale. In questo nuovo romanzo gli spunti sono due: quale dei due le è venuto per primo in mente? Quello dei terroristi o quello delle stelle della pubblicità?
     Lo spunto iniziale è stato quello della pubblicità, anche se non immediatamente con la figura dell’assassino. Mi è venuto in mente come conseguenza di un grosso scandalo politico- era il 2004, il partito di centro-destra aveva vinto le elezioni e aveva dovuto fronteggiare la situazione per cui tutti i media, specialmente i canali televisivi, erano alleati del precedente governo. Per cercare di rovesciare la situazione avevano pensato di varare una legge per cui chiunque detenesse una quota anche dell’1% di un canale televisivo sarebbe stato considerato come azionista di riferimento e non poteva accettare commesse pubbliche. Ora i canali televisivi appartengono per lo più ad aziende di opere pubbliche; l’idea era di costringere queste aziende a cedere sul mercato la loro quota di partecipazione, così sarebbe stata comperata da quelli al governo. Ma l’Unione Europea ha messo il veto per mesi e si è andati avanti all’infinito con la questione. Allora ho pensato che, dopo tutto, il vero controllo dei media non è nelle mani di chi ha l’1 o il 2%, ma in quelle delle compagnie di pubblicità. Sono loro a decidere tutto, che hanno il coltello per il manico e davanti ad un rifiuto delle loro richieste non mettono la pubblicità. I media dipendono dalle compagnie di pubblicità.

Per quello che riguarda il secondo filone, dei terroristi sul traghetto- il romanzo inizia con un grande evento, doppiamente grande per Kostas, perché ha la soddisfazione che sua figlia si laurea e lui ha anche finito di mantenerla agli studi. E ho pensato che era necessario che succedesse qualcosa di tragico per bilanciare questo evento felice. Era il periodo in cui ci fu l’attentato dell’11 marzo 2004 a Madrid, e così ho avuto l’idea del terrorismo. Poi ci furono gli attentati di Londra, e io mi sono detto, ‘non ho più niente di cui scrivere’, e continuavo a parlarne con mia figlia e con il mio editore…E mi è venuta l’idea del traghetto. Senza dire nulla della trama e senza svelare che cosa ci sia dietro, mi preme dire che i riferimenti politici sono veri, è vera la figura del vecchio, è vera la lettera dell’arcivescovo e così pure la decisione del corpo di polizia di cui si parla nel libro.

Il libro inizia con la domanda che il professore rivolge a Caterina che sta discutendo la tesi, se la privazione della vita come risultato di un attacco terroristico sia giuridicamente uguale alla privazione della vita come risultato di un crimine che abbia per scopo un furto, ad esempio. Domanda perfetta per una storia di delitti: tutte le morti hanno lo stesso valore?
    Per me è lo stesso, nel senso che uccidere è sempre male, non importa per quale motivo si uccida. Non esiste alcuna scusa, non c’è alcuna giustificazione. Sono contro ogni tipo di terrorismo- sia italiano o tedesco, sia sotto la forma delle Brigate Rosse o del terrorismo islamico. Uccidere non è la soluzione, non si arriva a nulla uccidendo. Nel romanzo ci sono due tipi di terrorismo, uno moderno ed uno antico che ha un obiettivo più specifico. E il vecchio che incarna questo secondo tipo di terrorismo disprezza gli altri che agiscono sul traghetto.

C’è un’altra domanda importante nel romanzo e riguarda la violenza: la violenza è sempre la stessa, da qualunque parte venga?
   Sì, la violenza è uguale, non si può combattere la violenza con altra violenza, non combatti contro la violenza creando la violenza. Ci deve essere una linea tra la violenza e la tortura organizzata e l’istituzione che protegge l’integrità della gente: quando il governo tollera la violenza, anche chi governa si mette sullo stesso piano. Succede dove la violenza è istituzionalizzata o tollerata: è la differenza tra il vivere in una democrazia o tra i talebani.

 C’è poi il tema ricorrente del ricatto: pensa che il ricatto- ad ogni livello, politico o affettivo- sia un segno di vigliaccheria e di debolezza?
    Penso che il ricatto sia la via più breve per raggiungere cose che non sono raggiungibili. Per i terroristi è la cosa più facile, minacciare di uccidere un ostaggio al giorno se le loro richieste non vengono soddisfatte. La stessa cosa avviene per la polizia, per costringere qualcuno a testimoniare. E’ la via più breve e illegale per raggiungere quello che si vuole.

Kostas si lamenta spesso dello strascico dei giochi olimpici: i vantaggi dell’essere il paese ospitante sono finiti insieme ai giochi? O ci sono stati anche dei veri svantaggi come conseguenza?

    Il vantaggio è stato che la Grecia ha avuto successo per la brillantezza dell’organizzazione. Dobbiamo considerare che in Grecia tutto è sempre un miracolo. La Grecia è molto male organizzata, non ha solide strutture, non ha una pianificazione efficace. Allora tutta questa debolezza dipende in qualche modo dal miracolo, nel caso si riesca a concludere qualcosa. Quando alla fine tutto funziona, gli stranieri dicono, ‘è un miracolo’. Il male dei miracoli è che finiscono presto. Sono stati spesi un mucchio di soldi per costruire delle arene enormi perché si voleva impressionare i visitatori, è vero, ma anche perché gli appalti erano maggiori per costruzioni maggiori. Ora nessuno vuole queste strutture gigantesche, nessuno le vuole comperare, i costi di mantenimento sono alti, cadono a pezzi, sono abbandonate. Nel romanzo si parla di una zona che si è trasformata in alloggi economici di albanesi e zingari, sì, potrebbe essere una soluzione- ma noi paghiamo ancora il debito.

Un’altra cosa di cui Kostas si lamenta sono le “eurette”: quali sono state le conseguenze dell’introduzione dell’euro in Grecia? C’è stato un aumento dei prezzi come in Italia?
   In Grecia con l’euro è successo come ovunque, i prezzi sono aumentati in maniera spropositata. Però se non fossimo entrati in Eurolandia, la dracma sarebbe crollata. L’euro è molto più stabile e anche più costoso. Per tutti i greci è diventata abitudine cambiare mentalmente il prezzo in euro in quello corrispondente nelle vecchie dracme per rendersi conto di quanto costi qualcosa. Il vantaggio è che i greci non hanno alcun senso del denaro e così i politici se la sono cavata. Ma i greci fanno fatica a mantenere il livello di vita che avevano prima, nelle famiglie si deve lavorare in due e poi c’è il problema degli interessi di credito, dei prestiti e dei mutui.

Di recente, in Italia, ci sono state delle discussioni sui giornali sul termine politicamente corretto da usare per gli omosessuali. Le parole usate nel romanzo sono divertenti e non proprio corrette, c’è persino l’adattamento del vocabolo ‘finocchio’ in ‘finocchicidio’. Non c’è in Grecia l’ossessione per il politicamente corretto?
   Come scrittore vivo in un ambiente in cui gli omosessuali- o i gay che dir si voglia- sono molto numerosi. Ho molti amici gay. Ma, fuori della cerchia degli artisti o dei letterati, le parole usate per gli omosessuali sono offensive e per questo ho messo nel romanzo delle vittime omosessuali, per questo ho usato volutamente un certo linguaggio “scorretto”, per mostrare il pregiudizio su queste persone.

Il passato riaffiora in molti suoi romanzi: quale consapevolezza hanno i giovani di come fosse la vita in Grecia anche solo 30 anni fa?
    Nessuna, definitivamente nessuna. Da noi non è successo come è successo in Germania o altrove, dove si è chiesto a quelli della passata generazione che cosa avessero fatto durante la guerra. Noi Greci non abbiamo elaborato il passato, per quello insisto su questo tema nei miei romanzi e in questo in particolare. Dobbiamo affrontare il passato, e invece nessuno lo fa, neppure gli scrittori lo fanno ed è ancora peggio. E’ necessario un lavoro storico organizzato per affrontare il passato, della guerra civile, della giunta. Adesso forse questo lavoro sta iniziando, ma molto lentamente.

Caterina ha terminato gli studi, la Mirafiori pare fermarsi definitivamente da un momento all’altro…andrà in pensione il commissario Charitos?
Ah, la Mirafiori! Non so proprio che cosa fare con la Mirafiori! Ma no, Kostas Charitos non andrà ancora in pensione.

recensione e intervista sono state pubblicate sulla rivista Stilos



per contattarmi: picconem@yahoo.com


                                                                                                       

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