mercoledì 7 giugno 2017

Stephen Carter, "L' imperatore di Ocean Park" ed. 2002

                            Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
      cento sfumature di giallo
      il libro ritrovato

Stephen Carter, "L' imperatore di Ocean Park"
 Ed. Mondadori, pagg. 776, Euro 19,50

      Il giudice federale Oliver Garland, confidente di due presidenti degli Stati Uniti, candidato alla corte suprema, è morto. Infarto. La figlia Mariah sospetta che sia stato assassinato. O per lo meno, che l' infarto sia stato indotto. Durante il funerale il figlio Talcott viene avvicinato da un amico del padre che gli chiede di fargli avere immediatamente le disposizioni del giudice, appena Talcott le avrà tra le mani. Ma quali disposizioni? Talcott non ne sa niente. Eppure sembra che siano in parecchi a volere quelle disposizioni. Viene trovato il cadavere del sacerdote che ha officiato il funerale - è stato atrocemente torturato prima di essere ucciso. Altre due persone verranno trovate morte, con le dita delle mani mozzate, mentre Talcott stesso viene pedinato, malmenato e infine anche gravemente ferito. Il mistero viene rivelato in un confronto finale mentre infuriano gli elementi, in una tempesta catartica. Oliver Garland non era un giudice qualunque: era Il Giudice, era un gigante, era il più grande artista della giustizia. Poi c' era stato un primo crollo, quando la figlia Abby era morta investita da un pirata della strada. Il Giudice aveva iniziato a bere. Si era ripreso, prima che la sua carriera venisse distrutta interamente in un processo da incubo quando aspirava alla corte suprema. Ma che cosa era successo? Sembrava che avesse cercato la sua rovina. La chiave è in un problema scacchistico che il Giudice ha lasciato da risolvere proprio a Talcott.
Ed è Talcott a raccontare la storia, a scavare nel passato di suo padre indagando anche su se stesso, sul suo rapporto tormentato con la bella e ambiziosa moglie e delineando nello stesso tempo un quadro della fascia privilegiata della "nazione più scura". E' l' élite di colore, quella a cui appartengono i Garland. I neri che abitano nella Gold Coast, in una zona di Washington dove hanno creato una comunità idilliaca nel mezzo della segregazione razziale. Eppure, non importa dove siano riusciti ad arrivare le menti brillanti di questa élite, la vita per loro è sempre una partita a scacchi in cui è il pezzo bianco ad avere la prima mossa e a dare scacco matto al nero. E' questo il problema scacchistico che il Giudice voleva risolvere in un' altra maniera. La risposta è nelle ultime pagine.
Un bel romanzo, scritto da un autore che sa costruire un romanzo. La cornice è quella del thriller, i capitoli terminano spesso - secondo la lezione del grande Dickens - in un momento di suspense, ogni personaggio ha uno spessore accattivante. L' elemento di maggiore interesse è lo sfondo. Se "Radici" di Alex Haley era stata l' epopea nera nella ricerca di un' identità in un passato sulle coste dell' Africa, il libro di Carter traccia una linea che, con una frase del Giudice, separa quel passato da un presente che non prende neppure in considerazione "il povero negro" in una società di colore che afferma con orgoglio la sua capacità di portare avanti il gioco sull' enorme scacchiera degli Stati Uniti.

la recensione è stata pubblicata sulla rivista Stilos





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