giovedì 1 giugno 2017

Walter Lucius, “La farfalla nell’uragano” ed. 2017

                                                                        vento del Nord
           cento sfumature di giallo
           FRESCO DI LETTURA

Walter Lucius, “La farfalla nell’uragano”
Ed. Marsilio, trad. Coldagelli e Cozzi, pagg. 622, Euro 16,58

   Bacha bazi. Pencak silat. Non sapevo nulla del bacha bazi e neppure del pencak silat prima di leggere “La farfalla nell’uragano” dello scrittore olandese Walter Lucius. Una forma di pedofilia diffusa in Afghanistan, il bacha bazi, per cui i bambini vengono venduti a uomini facoltosi e viziosi che ‘giocano’ con loro. Un’arte marziale che viene dall’Indonesia, il pencak silat, e che prende spesso ispirazione dall’osservazione delle mosse degli animali. E, in una maniera che ha a che fare con il caso, o con l’effetto farfalla (se una farfalla sbatte le ali nell’altro emisfero, per una concatenazione di piccoli eventi si scatena un uragano nel nostro), un bambino vittima del bacha bazi entra in contatto con una lottatrice del pencak silat. Due personaggi fondamentali di questo bel romanzo ambientato ad Amsterdam, ma con una trama che si ramifica in Afghanistan, a Johannesburg e a Mosca.

     Farah Hafez aveva nove anni quando era fuggita da Kabul. Suo padre era stato assassinato, sua madre era morta durante la fuga. Era stato suo padre ad insegnarle le mosse del pencak silat e, dopo un combattimento un po’ troppo ‘acceso’, Farah era andata all’ospedale per informarsi sulle condizioni della sua avversaria. Proprio in quel momento veniva ricoverato un caso urgente, una bambina in condizioni gravissime, investita da un’auto nell’Amsterdamse Bos. Una bambina medio-orientale, a giudicare dai capelli e dalla carnagione, vestita in maniera sontuosa, truccata con kohl e rossetto, ricoperta di gioielli e campanellini. Soltanto che non è una bambina, ma un maschietto che sussurra la parola padar, ‘padre’, nella lingua dell’infanzia di Farah. E lei si offre di fare da interprete e gli rimane vicino, bisbigliandogli parole di conforto, sapendo bene che cosa significa quell’abbigliamento, costernata davanti all’evidenza che il bacha bazi è arrivato in Olanda, intuendo- non per niente è giornalista- che ci deve essere dell’altro dietro all’incidente di cui è rimasto vittima il bambino.

    Le ali della farfalla hanno palpitato, la trama gialla del romanzo si è messa in moto, prima della fine si scatenerà un uragano. E come sono due le ali della farfalla, ci sono anche due donne e due poliziotti tra i protagonisti del libro, e in ogni coppia l’uno è il doppio o l’opposto dell’altro. Sia la giornalista Farah sia la dottoressa Bernson  vogliono la salvezza del bambino, ma Farah è più lucida, più audace, vede il pericolo dove l’altra (traumatizzata dall’esperienza precedente come medico in Africa) non lo vede, per miopia, per egocentrismo che rasenta la stupidità. Sia il grosso poliziotto Diba, di origini marocchine, sia l’affascinante Joshua Calvino (per metà di sangue italiano) mirano a risolvere il caso, ma Marouan Diba è finito nelle grinfie di un ricattatore, è corrotto, frustrato nelle relazioni famigliari, nostalgico di un Marocco in cui però non si sente più a casa, mentre Calvino è limpido, onesto, dalla mente agile, così generoso da cercare di schermare il collega anche quando ha subodorato il suo doppio gioco. Almeno finché è possibile.

     Il ritmo narrativo de “La farfalla nell’uragano” è incalzante. Dire che è un page-turner lo banalizza perché i libri che si fanno divorare si basano spesso sul sensazionale. Walter Lucius tesse una trama complessa e intelligente in cui, se il tallone d’Achille di personaggi in vista è l’obbrobrio della pedofilia, c’è però molto altro di losco e di Male, e su vari livelli. Dalla discriminazione più o meno velata- tre dei personaggi principali sono olandesi di origine straniera, a Calvino non vengono risparmiate le battute pesanti per le radici italiane, pur se meno offensive di quelle riservate a Farah e a Diba-, alla schiavitù sessuale, al mercato degli esseri umani, al commercio di armi, a giochi commerciali sporchi di oligarchi russi. La scena si sposta da un personaggio all’altro, da un luogo dell’azione ad un altro, e il culmine è una serata di tregenda in cui le forze scatenate di un uragano che impedisce ogni visuale acquista una valenza metaforica, ci prepara ad una catarsi, al ripiegarsi delle ali della farfalla nella quiete. Quanto durerà?
Questo è il primo volume di una trilogia. Ne siamo felici.




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