mercoledì 8 novembre 2017

Colson Whitehead, “La ferrovia sotterranea” ed. 2017

                                 Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
    la Storia nel romanzo
    FRESCO DI LETTURA

Colson Whitehead, “La ferrovia sotterranea”
Ed. Sur, trad. Martina Testa, pagg. 376, Euro 20,00

      Mentre andate a tutta velocità guardate fuori e vedrete il vero volto dell’America. E’ quello che avevano detto a Cora e a Caesar, la prima volta che si accingevano a salire sul treno della ferrovia sotterranea che li avrebbe portati dalla Georgia schiavista verso la libertà. Il vero volto dell’America, però, non corrispondeva alle fantasie di Cora. Buio, buio, solo buio fuori dal finestrino del treno che corre nei tunnel scavati sotto terra.
     Bellissima e significativa sotto ogni aspetto, l’immagine creata da Colson Whitehead nel suo romanzo. Perché ha reso reale e concreta la via di fuga degli schiavi dagli stati del Sud, quella catena di supporto che rimandava di casa in casa, di nascondiglio in nascondiglio presso persone fidate, tappa dopo tappa, allontanandosi sempre più dal lavoro sotto la frusta nei campi di cotone, dalle punizioni arbitrarie e violente dei sorveglianti o dei padroni. Si è perfino parlato di messaggi ‘cifrati’ nelle composizioni delle coperte trapunte lavorate dalle donne. E’ un treno vero e proprio, quello che prendono i fuggiaschi di Whitehead. Ci sono delle stazioni a cui si arriva scendendo per scale ripide nascoste sotto una botola. Ma, se si deve giudicare l’America da quello che si vede dai finestrini, non c’è speranza di luce. Bisogna crederci, che si arriverà da qualche parte dove la vita sarà migliore e gli uomini saranno tutti uguali come dice la Costituzione.

    L’inizio del romanzo di Whitehead è nella piantagione dei fratelli Randall in Georgia e il primo personaggio di cui sentiamo parlare è diventato un mito, una spinta ad imitarla per i neri, la fissazione di uno smacco per i bianchi. Mabel, madre di Cora, è fuggita lasciando dietro sé la bambina che aveva solo dieci anni. Per quanto il temibile Ridgeway, cacciatore di schiavi, l’abbia cercata, non l’ha mai trovata. Mabel ce l’ha fatta. Cora non perdonerà mai a sua madre di averla abbandonata e di aver pensato solo a se stessa. Però, se Mabel ce l’ha fatta, anche la fuga di altri può avere successo.
   E’ la prima metà dell’800, negli stati del Nord i neri possono essere liberi e condurre una vita decente, in quelli del Sud è un inferno. Gli schiavi vengono venduti e acquistati come merce, sfruttati all’inverosimile, mantenuti in una condizione di analfabetismo, frustati a sangue per ogni minima infrazione, bruciati vivi per un tentativo di fuga. E le donne sono alla mercé della lussuria dei padroni. Quando Caesar propone a Cora di fuggire, lei dapprima rifiuta, poi succede qualcosa che le fa cambiare idea.

    “La ferrovia sotterranea” diventa un singolarissimo romanzo d’avventura on the road nonché un altrettanto singolare romanzo di formazione per la giovane Cora. Lei e Caesar saranno inseguiti da Ridgeway e dal suo orrendo compagno che indossa una collana di orecchie umane, troveranno rifugio presso abolizionisti generosi (alcuni di questi pagheranno con la vita l’aiuto che gli hanno dato), si renderanno conto che anche laggiù dove sembra che i neri siano considerati essere umani come i bianchi, la realtà non è così e la minaccia è più subdola e altrettanto crudele, continueranno a fuggire, diventeranno degli assassini per difendersi. E anche quando Cora approderà in quell’oasi di utopia che è la tenuta dei Valentine in Idaho, la serenità è solo apparente. Il fulmine che si abbatterà su quella comunità ideale incenerirà ogni speranza.

    Con uno stile pulito che non esagera nel fantastico e che non fa leva sulla compassione, l’epopea degli schiavi nel romanzo di Colson Whitehead ci impone di non dimenticare e di non negare. Forse non è un caso che Mabel, la schiava che è stata simbolo del successo nella fuga, motivo dell’odio pervicace di Ridgeway per la figlia Cora, riappaia poco prima della fine, smentendo però quello che di lei si era immaginato. La schiavitù non finisce mai, il razzismo permane, insidioso come il morso di un serpente di palude.

"La ferrovia sotterranea" ha vinto il premio Pulitzer 2017.


per contattarmi: picconem@yahoo.com

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