sabato 21 aprile 2018

Guillermo Saccomanno, “77” ed. 2010


                                                          Voci da mondi diversi. America Latina
                                                            la Storia nel romanzo

Guillermo Saccomanno, “77”
Ed. Tropea, trad. Francesca Pe’, pagg. 285, Euro 16,90


  Buenos Aires, inverno 1977. Il generale Videla si è impadronito del potere con un colpo di stato un anno prima, il 24 marzo del 1976. Sembra che piova sempre, quell’inverno. Sembra che faccia più freddo del solito. Oppure è il terrore, che pare di poter palpare con le mani nelle strade, che fa tremare la gente. Le Falcon verdi strisciano come serpenti per la città. Quando si accostano a qualcuno per strada, anche solo per un controllo, il cuore del malcapitato salta un battito. Si ferma del tutto per la paura quello degli abitanti del palazzo davanti al cui portone frena una Falcon. Le persone incominciano a scomparire. Alcune scompaiono perché vanno in clandestinità. Altre perché vengono arrestate. Non si sa che fine facciano. Per la Giunta militare quelle persone non sono mai esistite. Per tutti diventeranno los desaparecidos, tristissima parola che si diffonderà per il mondo così, in spagnolo. Ogni giovedì le madri si riuniscono in Plaza de Mayo per protesta, perché si riconosca la scomparsa dei loro figli arrestati perché dissidenti, perché vengano restituiti i loro corpi.

     Il romanzo “77” dello scrittore argentino Guillermo Saccomanno- bello, angosciante, nerissimo del nero più nero che non è quello della finzione narrativa ma della realtà- è ambientato in questa Buenos Aires del 1977, in quei mesi che per noi sono l’estate e laggiù sono inverno. La voce narrante è quella del cinquantaseienne professor Gómez, insegnante di letteratura inglese, dichiarato omosessuale. Peccato che, data l’età del protagonista, non si possa parlare di romanzo di formazione, perché “77” è di certo la storia di un uomo che cambia con la lezione della Storia. Ed è importante che il professor Gómez sia omosessuale perché “77” è anche una storia di padri e figli e proprio lui, che di figli non ne ha, diventa il ‘padre’ di figli di altri, la sua preoccupazione e il suo interesse non sono per uno solo, carne della sua carne, ma per molti- potremmo quasi sentirlo dire, come il protagonista del dramma di Arthur Miller, “Sono tutti miei figli”.
    Quando Gómez inizia il racconto è ancora l’uomo di mezza età che occhieggia i ragazzi,  che elemosina un rapporto da un ex amante, che instaura una relazione con un poliziotto (accasato e con figli), come se il pericolo di quegli incontri aggiungesse un brivido di eccitazione prima di trasformarsi, più tardi, in un brivido di paura al pensiero di quello che il cinese Walter potrebbe scoprire. E intanto Gómez scrive un saggio su Oscar Wilde, il cantore dell’”amore che non osa dire il suo nome”. L’arresto di un suo alunno, Esteban Echagüe che, con i suoi capelli biondi, tanto stuzzicava il desiderio di lui, un cabecita negra discendente dagli indios, segna il punto di svolta nella vita del professore.
E’ un cambiamento graduale che lo porta dapprima a cercare di avere notizie del ragazzo tramite l’amante poliziotto, poi ad ascoltare i racconti del vecchio amico De Franco che condivide la disperazione della donna di cui è innamorato e il cui figlio è scomparso (si chiama Gabrielito come De Franco, ma lui non ne è il padre anche se si sente tale), fino a quando offre alloggio e nascondiglio ad una ragazza incinta: con lei si chiude il contorno del cerchio che è iniziato con l’arresto di Esteban. Per l’oggetto del suo desiderio trascinato fuori dall’aula, ecco in cambio, ospite in casa sua, la giovane Diana che avrà un bambino e che risveglia in lui sentimenti paterni. Diana è la compagna di un montonero, Martin, e, in questa che è pure una guerra generazionale, Martin verrà denunciato dal suo proprio padre. Mentre il padre della ragazza legata a Diana da un amore saffico grida, “L’avete uccisa voi”- e intende non i militari ma i ribelli che l’hanno contagiata con le loro idee. Il professor Gómez ha interrotto il saggio su Wilde, ora scrive un saggio sull’assenza- nel 1983, a fine dittatura, le persone scomparse saranno 30.000, 2300 gli omicidi politici. In piedi davanti alla classe di studenti il professore legge i versi dello scrittore e giornalista Sarmento (che fu anche il settimo presidente dell’Argentina, dal 1868 al 1874): “Non si possono uccidere le idee”.

la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net




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