mercoledì 18 aprile 2018

Indu Sundaresan, “La principessa indiana” ed. 2010


                                                           Voci da mondi diversi. Asia
                                                           la Storia nel romanzo

Indu Sundaresan, “La principessa indiana”
Ed. Sperling & Kupfer, trad. Claudia Lionetti, pagg. 360, Euro 19,90

    Il Taj Mahal in copertina, una donna avvolta in un sari che si appoggia ad una colonna, una luce dorata che colora l’aria. “La principessa indiana” di Indu Sundaresan parrebbe essere un romanzo sentimentale, una qualche ennesima storia d’amore al profumo di spezie orientali. Se diamo un’occhiata al titolo originale, Shadow Princess, possiamo correggere la nostra impressione e indovinare che ci aspetta qualcosa di diverso. Perché la Principessa ombra, forse in inglese ancor più che in italiano, suggerisce la figura di una donna forte che governa dietro- e non necessariamente in opposizione- chi è al potere. E il romanzo di Indu Sundaresan contiene anche delle storie d’amore ma è, soprattutto, un bel romanzo storico che ci racconta dell’impero moghul tra il 1631 e il 1666.
    Nel 1631, quando inizia la storia, la principessa Jahanara ha diciassette anni. E’ figlia dell’imperatore moghul Shah Jahan e di Mumtaz Mahal, la donna che sarà ricordata nei secoli a venire perché resa immortale dalla tomba di marmo bianco che il marito fa erigere per lei. Mumtaz Mahal muore dando alla luce il quattordicesimo figlio, una bambina. Soltanto sei dei figli sono vivi, nel 1631, quattro maschi e due femmine, Jahanara è la maggiore. Jahanara è l’unica che riesce a dare qualche conforto al padre, distrutto dal dolore, incapace di rassegnarsi, invecchiato nel giro di poche ore. Dall’amore di Jahan per la moglie e dalla disperazione per averla persa nasce l’idea, dapprima confusa, poi sempre più precisa e grandiosa, di un tempio a memoria imperitura. Il Taj Mahal, la Tomba Luminosa, sarà splendido, suggestivo, ricco di decorazioni, intarsi, pietre preziose, giochi di luce e di acque.

     La costruzione del Taj Mahal si protrae per ventidue anni e la scrittrice usa il mausoleo come fondale per la storia che racconta, misurando il tempo con quello delle opere in corso. Mentre l’imperatore Jahan è avvolto nella nebbia del suo lutto, iniziano le contese intorno a lui, girano voci che desideri abdicare, che gli succederà il primo dei figli maschi, che verrà nominato un reggente. Niente di tutto questo avviene, passano gli anni, il dolore sfuma nel ricordo, la principessa Jahanara è sempre vicino al padre che la consulta prima di prendere delle decisioni. Così vicino a lui da dare adito a pettegolezzi: è la sorella minore che contribuisce a diffonderli? Essere la prediletta del padre ha un prezzo alto: Jahan non vuole che la figlia si sposi. Chiuderà gli occhi, però, davanti alla relazione di Jahanara con un nobile di corte.
Aurengzeb
    Il figlio maggiore è destinato a succedere al padre, ma sarà il terzo, Aurengzeb (l’inglese Dryden scrisse un dramma in versi su di lui, nel 1675) a regnare: ne seguiamo la crescita, il fanatismo religioso, fino alla spietatezza con cui elimina i tre fratelli, possibili rivali, tenendo prigionieri il padre e la sorella Jahanara nel forte di Agra.
    “La principessa indiana” è un romanzo appassionante, perché la scrittrice riesce a dirigere il nostro sguardo sul passato e sull’inizio della dinastia moghul (che discende dal famoso Tamerlano), riallacciandosi a quanto avviene nel secolo XVII, spostando la scena tra Burhanpur, Agra, Delhi, al seguito della corte (con elefanti, eunuchi, l’harem, le tende imponenti, i tappeti, i gioielli la cui luminosità deve poter essere identificata con lo splendore del sovrano). C’è amore e guerra ne “La principessa indiana”. E, sullo sfondo, biancheggia eterno il Taj Mahal.

la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net



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