venerdì 6 aprile 2018

Natsume Soseki, “Il cuore delle cose” ed. 2001


                                                Voci da mondi diversi. Asia
  il libro dimenticato

Natsume Soseki, “Il cuore delle cose”
Ed. Neri Pozza, trad. G.C. Calza, pagg. 279, Euro 6,99 formato kindle

   “L’ho sempre chiamato maestro”- inizia così uno dei romanzi più illuminanti dello scrittore giapponese Natsume Soseki, nato nel 1867 e morto nel 1916. Un’ottima introduzione di Giancarlo Calza ci prepara alla lettura di questo libro, aprendoci le porte della cultura giapponese. C’è molto di Natsume Soseki stesso ne “Il cuore delle cose”, nella figura del maestro che vive in quasi completa solitudine, distaccato da un mondo di cui non sente di far parte e che non capisce, rifiutando di lasciarsi coinvolgere dalle nuove idee e dalle mode occidentali che stanno invadendo il Giappone.
     Quattro personaggi principali, di nessuno dei quali conosciamo il nome- lo studente che rimane irretito dal fascino intellettuale del maestro, il ‘maestro’ stesso, sua moglie e l’amico che viene sempre citato con l’iniziale K. Se lo studente nota il maestro nella località di mare dove passa le vacanze, è per l’aria di romantica solitudine e di mistero che lo circonda. Il maestro non si mescola con la folla, sembra superiore, sembra vivere nella dimensione di un altro mondo. Lo studente si avvicina a lui, nasce un’improbabile amicizia: si sente lusingato, il maestro, dall’ammirazione che sente nel discepolo più giovane? Lo studente continuerà ad andare in visita dal maestro anche quando entrambi sono ritornati a Tokyo. Con cautela lo studente interroga il maestro, sulla sua vita, sul perché vada al cimitero regolarmente una volta al mese, sull’amore, sulla moglie. Il maestro è elusivo, gli racconta spizzichi della sua vita (un’infanzia triste che è stata anche quella di Natsume Soseki), di uno zio che lo ha imbrogliato. Sembra molto unito alla moglie ma gli dice anche che nell’amore ci può essere una colpa.

    L’ammirazione dello studente per il maestro è tale che vorrebbe imitare il suo stile di vita, immerso nell’astrazione degli studi. Più diffidenti sono invece i suoi genitori che sentono parlare del maestro quando lo studente, allarmato da una serie di malori del padre, torna a casa. Il padre dello studente fa il fornaio e non riesce a capacitarsi su come si possa vivere come il maestro, senza fare niente. Insiste perché il figlio si trovi un lavoro dopo la laurea, lui non ha intenzione di continuare a mantenerlo. E poi, durante questo periodo in cui lo studente è lontano, gli arriva una lettera del maestro che è un vero proprio romanzo dentro il romanzo.
    Scompare il personaggio dello studente e l’amico K. ne prende il posto, accanto al maestro che, nel racconto del suo passato, è lui stesso uno studente che alloggia in pensione presso una coppia di madre e figlia. Tutta l’ammirazione che lo studente aveva per il maestro nella prima parte del libro si rovescia ora in quella che il futuro maestro ha per K., un ragazzo brillante e chiuso in una fortezza di solitudine fatta di libri. E, imprevisto, spunta l’amore. Il futuro maestro e K. sono due romantici colti alla sprovvista dall’amore per la stessa ragazza, la ‘signorina’ figlia della padrona della pensione. Diventano rivali, non sanno gestire questo sentimento che è al di fuori della loro esperienza, mentre la ragazza sembra essere interessata alla migliore sistemazione del migliore offerente.

    Una lettura attenta può averci anticipato il duplice finale di questo libro che ci attrae, ci incuriosisce, ci affascina perché ci dice molto della personalità del grande scrittore e ci svela una cultura e un mondo lontani dal nostro, lontani geograficamente e culturalmente, anche se la gelosia e la pena d’amore dei personaggi di Soseki li avvicinano molto agli eroi romantici dell’Europa ottocentesca.



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